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Qualche riflessione su ambiente, modelli di sviluppo e pandemie
Pandemia CoronaVirus Disease 2019. Questi i dati aggiornati al 30 marzo 2020: quasi 800.000 casi accertati a livello globale, quasi 40.000 morti, e quasi 170.000 ricoverati (Fonte: Johns Hopkins University). E, purtroppo, questi numeri sono destinati a salire ancora molto. L’umanità non sta trascorrendo certo un periodo sereno.
Spillover
È ormai dimostrato che il nuovo coronavirus fosse diffuso in modo endemico dei pipistrelli del genere Rhinolophus e che alla fine abbia fatto il “salto di specie” sull’uomo, probabilmente passando attraverso un ospite intermedio che, con tutta probabilità, è stato un animale domestico allevato a scopo alimentare come dimostrato da alcuni studi [6] [16].
Esiste una strettissima correlazione tra l’impatto dell’uomo sull’ecosistema naturale e l’emergere di malattie a noi trasmesse dagli altri animali (“zoonosi”). L’attuale epidemia di Covid-19 era stata prefigurata da alcuni studi ed è solo l’ennesimo — e probabilmente non ultimo — episodio di pandemie provocate indirettamente dall’uomo attraverso la distruzione degli habitat, l’inquinamento, la sovrapopolazione, il consumo di risorse con un ritmo non sostenibile: azioni che portano inevitabilmente a una forte perdita di biodiversità, cioè a una diminuzione del numero delle specie di organismi viventi, piante e altri animali [9] [11] [4].
Ma andava tutto bene…
Eppure è successo. E ora siamo qui, a lamentarci di questa dolorosa situazione, spesso a piangerci addosso, e soprattutto a ripensare con gioia alla meravigliosa vita che ognuno di noi conduceva prima che arrivasse questo maledetto virus, sperando che nel futuro si torni presto al mondo “normale” dove “andava tutto bene”. Ma era davvero così?
- Nel mondo “normale”, dove “andava tutto bene”, abbiamo innescato un processo di riscaldamento globale, che, nell’ultimo quarantennio 1981-2019 è stato maggiore del 250% rispetto ai cento anni precedenti 1880-1980 — periodo in cui peraltro l’effetto delle attività dell’uomo sul clima era già molto importante — e che ha causato la diminuzione del 20% delle precipitazioni, la scomparsa di circa 3 milioni di kmq di ghiacci nell’Artico e l’innalzamento di quasi 5 cm del livello dei mari [8].
- Nel mondo “normale”, negli ultimi cinquecento anni, a causa del nostro modo di vivere, abbiamo causato l’estinzione di quasi 700 specie di vertebrati e 38000 di invertebrati e si tratta di una sottostima… Ben un milione di specie animali e vegetali oggi sono a rischio imminente di estinzione [1] [2] [3] [7].
- Dal 1990 ad oggi abbiamo distrutto 1,3 milioni di kmq di foreste per espandere il nostro cemento, per coltivare e per utilizzare il legno [10].
- Usiamo oltre 200 litri di acqua pro capite al giorno [15] sprecandone oltre la metà per abitudini inutili, mentre per la siccità muoiono migliaia di altre persone e di altri animali.
- Inquiniamo con i nostri reflui non depurati i fiumi; ma più a valle prendiamo la stessa acqua per potabilizzarla e berla…
- Spargiamo tonnellate di veleni come pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici per coltivare cereali, verdure e frutta che poi mangiamo.
- Alleviamo animali chiusi in gabbie o stalletti dove devono passare l’intera vita senza poter neanche camminare e li ingozziamo perché crescano velocemente per poi mangiarli.
- Compriamo cose di cui non abbiamo reale necessità senza domandarci quale sia stato l’impatto sul pianeta per produrle.
- Utilizziamo l’automobile per spostamenti di 500 m… ma poi ci va bene respirare lo smog prodotto, che ci avvelena.
Tutto ciò ci ha portato alla situazione attuale dove tutti noi, in Italia ma anche nel resto del globo, dobbiamo e dovremo affrontare dei costi enormi: i costi in termini di vite umane, i costi dell’emergenza sanitaria, i costi indotti alle nostre attività economiche dalle misure di contenimento indispensabili per arginare il contagio e, conseguentemente, i costi in termini di benessere delle nostre vite, visto che al momento siamo privati, necessariamente, della nostra libertà, ma anche della certezza nel futuro che sinora avevamo dato per scontato.
Come potrà evolversi il nostro futuro?
Non lo sappiamo con certezza. Sembra che il Covid-19 sia favorito da bassi tassi di umidità e da temperature miti, comprese tra i 5 ed i 15 gradi, mentre forse è possibile che possano rallentare il contagio sia il caldo, con temperature superiori ai 30 gradi, sia il freddo, con costanti temperature sotto zero [13] [14]. Ma non ne abbiamo la certezza.
Trattandosi di un coronavirus, famiglia di virus alla quale appartengono anche alcuni di quelli che causano i normali raffreddori, probabilmente il Covid-19 si diffonderà di meno in estate. Ma questo sarà forse dovuto soprattutto a una più forte e pronta risposta immunitaria da parte del nostro organismo che, quantomeno per gli europei, funziona molto peggio in inverno e con le basse temperature [5].
Ma, con tutta probabilità, il Covid-19 non sparirà dopo le misure di contenimento, e ce lo ritroveremo a partire dal prossimo autunno. Da ora in poi, dovremo probabilmente conviverci.
Alla fine dei conti, quanto ci costerà l’aver scatenato indirettamente questa pandemia? L’UNCTAD (UN Conference on Trade and Development) afferma che ci vorrà, nel 2020, almeno 1 trilione di dollari a livello globale. E in questi costi veramente enormi non è certo considerato il disagio, la preoccupazione e di conseguenza il peggioramento della qualità delle nostre vite, che ci accompagnerà ancora e non sappiamo per quanto tempo.
Un’attenzione e una cura diversa per l’ambiente naturale ci avrebbero potuto risparmiare gli enormi costi di questa epidemia; è accertato che un’elevata biodiversità riduce il tasso di trasmissione e il rischio di malattie per gli umani e anche per il bestiame [12].
Una diversa concezione dello sviluppo
Ma a questo punto cosa fare? Io credo che esista un solo modo perché tutti noi e la nostra specie abbiamo una lieve speranza di poter continuare a vivere in salute su questo bellissimo e unico pianeta: dobbiamo usare, per le altre specie e per l’ambiente, la stessa cura che abbiamo per le persone e le cose che ci sono più care; dobbiamo fermarci a guardare indietro quello che abbiamo provocato, riflettere sul nostro modo di vita e cercare di cambiare le abitudini e adeguare le nostre attività alle condizioni che stanno mutando.
Dobbiamo riflettere sul nostro sistema economico globale, perché il Covid-19 ne sta mettendo in luce l’estrema fragilità, insita nelle sue labili fondamenta: lo sfruttamento massivo delle risorse naturali, l’aumento della popolazione mondiale e lo spostamento indiscriminato di persone e di merci in tutto il globo.
Forse è giunto il momento di pensare seriamente a rifondare, pian piano, un sistema economico meno fragile, magari attraverso un’economia sostenibile e circolare. Anche perché, durante questa quarantena, probabilmente ci stiamo anche rendendo conto che non abbiamo bisogno di molto per vivere e che tante delle cose che facevamo e degli oggetti che usavamo sono in realtà inutili.
È chiaro che il cambiamento di un sistema globale non è alla portata di noi modesti cittadini medi e non è un fenomeno che si completa in qualche giorno. Ma gutta cavat lapidem, dicevano gli antichi Romani: “la goccia scava la pietra”.
Con le nostre scelte di vita possiamo condizionare questo sistema e tutti insieme possiamo far sì che, con un po’ di pazienza, si possa smuovere qualcosa anche molto in alto. E possiamo farlo solo noi, sia perché ce lo possiamo permettere per il relativo benessere in cui viviamo, sia perché la “civiltà occidentale” rappresenta spesso il modello per tantissimi Paesi ancora in via di sviluppo.
Scelte di responsabilità ambientale
Le nostre scelte sono e saranno fondamentali:
- Possiamo consumare meno carne, limitando il consumo a meno di 500 g alla settimana — come raccomandato dall’International Agency for Research on Cancer, un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità — e scegliendo animali domestici allevati in regime brado o semibrado; questo, a lungo termine, consentirà di ridurre il numero di animali allevati, favorirà gli allevamenti bradi che sono molto meno impattanti — e anzi fondamentali per il mantenimento di alcuni habitat — e aiuterà anche la nostra salute, visto che l’elevato consumo di carne è all’origine di molte tra le peggiori malattie del nostro tempo, prime fra tutte alcuni tumori.
- Possiamo prediligere prodotti biologici, coltivati con un utilizzo inferiore di sostanze chimiche come pesticidi, erbicidi e concimi chimici che sono alla base dell’inquinamento del suolo e dell’acqua e che stanno distruggendo centinaia di migliaia di specie animali e vegetali; paradossamente, i prodotti che oggi passano come “normali”, e cioè non biologici, sono tutti coltivati utilizzando tali sostanze chimiche, ma non c’è l’obbligo di scriverlo sull’etichetta…
- Possiamo limitare al minimo i prodotti che vengono da molto lontano e hanno viaggiato in aereo.
- Possiamo comprare pesce pescato con metodi sostenibili — cioè per esempio con la canna anziché con le reti a strascico — e rivolgere la nostra attenzione al pescato locale o a quello ottenuto con metodi sostenibili, certificato con la sigla MSC (Marine Stewardship Council).
- Possiamo acquistare carta e legno certificati da FSC (Forest Stewardship Council) che ci garantisce che tali prodotti vengono da una gestione sostenibile delle foreste.
- Possiamo regolare il riscaldamento a una temperatura più bassa: anche un solo grado in meno può ridurre considerevolmente le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.
- Dobbiamo ridurre all’essenziale l’utilizzo dell’acqua potabile, evitando di utilizzarla per cose inutili o superflue.
- Possiamo valutare anche di scegliere vacanze a minore impatto ambientale, magari utilizzando di rado l’aereo, che è il mezzo di trasporto più inquinante di tutti.
- Dobbiamo esigere da tutti i politici programmi che contengano piani, soprattutto di lungo termine, per la salvaguardia ambientale, attraverso la creazione di aree protette e il sostegno di quelle esistenti, con politiche economiche per la riduzione delle emissioni di CO2, per la riduzione dell’inquinamento e del consumo di suolo.
- Dobbiamo anche reclamare che l’educazione ambientale sia una materia inserita nei programmi scolastici al pari di italiano, storia o matematica, e che si investa di più nella ricerca, perché il nostro futuro sarà in buona parte un frutto che maturerà grazie all’investimento che il nostro Paese fa e farà nelle scuola e nella ricerca scientifica.
- Dovremmo probabilmente, prima di fare qualcosa, porci sempre la domanda su quale impatto possano avere le nostre azioni sulla sopravvivenza delle altre specie e degli habitat.
Una visione in prospettiva
Se insisteremo, ciechi, sulla stessa strada che abbiamo percorso sinora, quando sarà finita questa emergenza e torneremo a una “normalità” priva di prospettiva, ci sarà un solo esito: ci ritroveremo, fra un anno o due a un’altra emergenza spiacevole, simile a quella attuale. E poco importa se sarà colpa di un altro virus, o di un batterio super resistente, o di una catastrofe naturale, o della mancanza di acqua, o della mancanza di risorse alimentari per tutti.
Forse è il momento di rimboccarci le maniche, di prenderci le nostre responsabilità, è il momento di riflettere e ragionare su ciò che non va, è il momento di cercare soluzioni alternative e meno impattanti per le nostre attività e per il nostro modo di vita. Forse è anche il momento di trasformare, tutti uniti, questa grande tragedia, in una futura rinascita.
Sandro Piazzini
Riferimenti bibliografici
[1] Ceballos G., García A., Ehrlich P.R., 2010. The sixth extinction crisis: Loss of animal populations and species. J. Cosmology 8:1821–183.
[2] Ceballos G., Ehrlich P.R., Barnosky A.D., García A., Pringle R.M., Palmer T.M. & Dirzo R., 2015. Accelerated modern human-induced species losses: Entering the sixth mass extinction. Sci Adv 1:e1400253.
[3] Ceballos G., Ehrlich P.R., Dirzo R., 2017. Biological annihilation via the ongoing sixth mass extinction signaled by vertebrate population losses and declines. Proceedings of the National Academy of Sciences USA, 114 pp. E6089-E6096
[4] Di Marco M., Baker M., Daszak P., De Barro P., Eskew E.A., Godde C., Harwood T., Herrero M., Hoskins A., Johnson E., Karesh W.B., Machalaba C., Navarro Garcia J., Paini D., Pirzl R., Stafford Smith M., Zambrana-Torrelio C., Ferrier S., 2020. Sustainable development must account for pandemic risk. PNAS, 117: 3888-3892.
www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.2001655117
[5] Dopico X.C., Evangelou M., Ferreira R.C., Guo H., Pekalski M.L.,. Smyth D.J., Cooper N., Burren O.S., Fulford A.J., Hennig B.G., Prentice A.M., Ziegler A.G., Bonifacio E., Wallace C. & Todd J.A., 2015. Widespread seasonal gene expression reveals annual differences in human immunity and physiology. Nat. Commun. 6:7000
https://www.nature.com/articles/ncomms8000
[6] Guo Y.R., Cao Q.D., Hong Z.S., Tan Y.Y., Chen S.D., Jin H.G., Tan K.S., Wang D.Y. & Yan Y., 2020. The origin, transmission and clinical therapies on coronavirus disease 2019 (COVID-19) outbreak – an update on the Status. Military Medical Research 7:11
[7] IPBES, 2019. Le dangereux déclin de la nature : Un taux d’extinction des espèces « sans précédent » et qui s’accélère. Communiqué de presse. 6.05.2019
[8] IPCC, 2014: Climate Change 2014: Synthesis Report. Contribution of Working Groups I, II and III to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Core Writing Team, R.K. Pachauri and L.A. Meyer (eds.)]. IPCC, Geneva, Switzerland, 151 pp.
[9] Keesing F, Belden LK, Daszak P, Dobson A., Harvell C.D., Holt R.D., Hudson P., Jolles A., Jones K.E., Mitchell C.E., Myers S.S., Bogich T. & Ostfeld R.S., 2010. Impacts of biodiversity on the emergence and transmission of infectious diseases. Nature; 468: 647–52.
[10] Khokhar T. & Tabary M.E., 2016. Five forest figures for the International Day of Forests
https://blogs.worldbank.org/opendata/five-forest-figures-international-day-forests
[11] Morse S., Mazet J.A.K., Woolhouse M., Parrish C.R., Carroll D., Karesh W.B., Zambrana-Torrelio C., Lipkin W.I. & Dasza P., 2012. Prediction and prevention of the next pandemic zoonosis. The Lancet, Volume 380, Issue 9857, P1956-1965, December 01, 2012
https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(12)61684-5/fulltext
[12] Ostfeld R.S., 2017. Biodiversity loss and the ecology of infectious disease. The Lancet – Planetary Health Volume 1, Issue 1, Pe2-e3, April 01, 2017
https://www.thelancet.com/journals/lanplh/article/PIIS2542-5196(17)30010-4/fulltext
[13] Poirier C., Luo W., Majumder M.S., Liu D., Mandl K.D., Mooring T.A. & Santillana M., 2020. The Role of Environmental Factors on Transmission Rates of the COVID-19 Outbreak: An Initial Assessment in Two Spatial Scales.
https://ssrn.com/abstract=3552677
[14] Sajadi M.M., MD, Habibzadeh P., Vintzileos A., Shokouhi S. Miralles-Wilhelm F. & Amoroso A., 2020. Temperature, humidity, and latitude analysis to predict potential spread and seasonality for COVID-19.
https://ssrn.com/abstract=3550308
[15] Studi Ricerche Mezzogiorno, 2017. Le risorse idriche nell’ambito della circular economy. Intesa Sanpaolo, Direzione Studi e Ricerche.
[16] Zhang L., Shen F.M., Chen F. & Lin Z. Origin and evolution of the 2019 novel coronavirus. Clin Infect Dis. 2020 Feb 3:ciaa112.
https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093/cid/ciaa112/5721420